Il processo di dimagrimento è molto complesso in quanto entrano in gioco diversi fattori.
È necessario intervenire
Quando una persona si mette a dieta sta affrontando la situazione considerando un solo aspetto. E questo produce notevoli danni. Si instaura uno schema ripetitivo per cui la persona restringe l’alimentazione, sperimenta stati d’animo di insofferenza, tristezza, nervosismo, senso di colpa, frustrazione e, per ovviare a queste spiacevoli sensazioni, abbandona la dieta ricominciando a mangiare come faceva prima, riprendendo i chili persi.
Ma non solo, in questo modo la persona sperimenta un senso di sfiducia nelle proprie capacità, sente di non avere abbastanza forza di volontà, prova un senso di fallimento. Tutto questo contribuisce ad alimentare un’immagine di sé negativa, un conseguente stato d’animo negativo e il ricorso al cibo per avere sollievo da questo disagio.
C’è l’idea che la persona possa uscire da questa situazione facendo leva sulla sua sola forza di volontà. Le persone tendono a passare da una dieta all’altra perché siamo figli di una cultura che ci ha insegnato che per dimagrire dobbiamo fare leva esclusivamente sulla nostra forza di volontà, seguendo una dieta ipocalorica.
Ancora non si conoscono bene i meccanismi fisiologici che mantengo il peso corporeo e sappiamo che i fattori biologici che intervengono sono molteplici. Le ricerche, ormai da 30 anni ad oggi, ci informano che questa situazione non può essere affrontata solo ed esclusivamente cercando di controllare l’apporto calorico. L’essere umano non è una macchina, è importante considerare anche gli aspetti psicologici retrostanti la questione del peso corporeo, primi fra tutti l’accettazione di sé e delle proprie forme corporee.
Ma deve essere aiutata a riconoscere come mangia (cioè quali sono le sue abitudini alimentari) e poi capire perché mangia in quel modo. Molto spesso ci troviamo di fronte a quello che viene definito l’emotional eating, cioè il mangiare in risposta ad un disagio emotivo.
Qualche esempio?
Si mangia quando ci si annoia, quando ci si sente soli, quando ci si sente arrabbiati o anche molto tristi. La persona non riesce a distinguere la vera fame fisiologica da ciò che fame non è. Sono questi gli aspetti psicologici che vanno affrontati prima di intervenire sul piano alimentare, altrimenti non si riuscirà né a seguirlo nè a mantenerlo nel tempo.
Da qualche anno esiste lo psicologo del comportamento alimentare che aiuta le persone a fare questo percorso. Ci vuole un po’ di pazienza ma è sicuramente un intervento che agisce alla radice del problema.